Strage di migranti nel Mediterraneo

In questi ultimi mesi i mezzi di comunicazione ci hanno messo in evidenza le decine di arrivi di barconi di persone specie in Sicilia, con molte donne anche incinte e bambini, che partono soprattutto dalle coste della Libia. 
A seconda dei commentatori, vengono definiti clandestini o profughi. 
Centinaia di loro nell'attraversare il Mediterraneo sono morti annegati o soffocati nelle stive stracolme. 
Sono specialmente africani, sono senza speranza, senza passato, sperano in un futuro. 
In Italia c'è sempre meno capacità di accoglienza, soprattutto nella testa della gente. 
Saperli in un centro di accoglienza nel proprio paese, crea un disagio istintivo, si insiste per non averli. 
In Italia la prolungata crisi, che non è solo economica, ma strutturale, fa rinchiudere in sé stessi gli individui. 
Di fronte alla tragedia degli altri, soprattutto se di altro colore e di altri credi religiosi, la reazione sempre più frequente è: "Che stiano a casa loro. Il nostro compito non è di accoglierli qui, casomai è di dare risorse affinché si sviluppino a casa loro."
Risorse che poi ben poco diamo. 
È meglio morire di fame o di guerra, oppure tentare un approdo altrove? 
E se fossimo noi nelle loro condizioni? 
Ma noi non lo siamo, si dice, perché siamo migliori, più civili, più operosi, ecc. Intanto molti nostri figli cominciano a emigrare in altre nazioni del mondo, in cerca di lavoro adeguato e lì sono loro i diversi. 

Giampiero Cincotto 


Giornalino Settembre 2014
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